Green Hill. Un nome che farebbe pensare ad una località di villeggiatura montana. O magari a un luogo rilassante immerso nel verde… spiacenti, non lo è. Ma invece di spiegare tecnicamente di cosa si tratta, per chi non lo sapesse, propongo un’immagine.
Pensate a un cucciolo di cane. Orecchie ciondolanti, movimenti un po’ goffi. Gli tirate una pallina nel prato e lui la rincorre inciampando nella pallina, nelle zampe e nella coda contemporaneamente. Poi in qualche modo ve la riporta e aspetta il nuovo lancio, con le zampe anteriori sul pavimento e il sedere per aria, scodinzolante e pronto allo scatto. Un abbaio acuto e felice, poi rincorre di nuovo la pallina, la prende, nel tragitto gli cade tra l’erba ma stavolta non la raccoglie nemmeno, continua solo a correre verso di voi e vi si getta tra le braccia felice in cerca di coccole, e vi riempie di baci in uno slancio d’amore incontenibile. Lo stesso cucciolo, la sera dopo aver mangiato senza aver mai smesso di scodinzolare, si gingilla per un po’ nella sua cuccetta mordicchiando il suo gioco preferito finché, non potendo più resistere alla tentazione di starvi vicino, sbadigliando si appoggia con le zampette paffute alle vostre gambe e vi guarda con due occhi grandi così, leccandovi una mano. Una volta raggiunto l’obbiettivo –rannicchiarsi tra le vostre braccia – si abbandona alle coccole mentre, carezza dopo carezza, i suoi occhi pian piano si chiudono e si lascia andare al sonno più profondo, ingenuo e fiducioso…
Lo stesso cucciolo, la mattina si sveglia dopo la nanna sentendo il freddo di un pavimento gelido e spoglio sotto il suo corpo morbido. Prova ad aprire gli occhi, ma resta abbagliato da una bianca luce artificiale. Si alza per sgranchirsi le zampe ma le sbarre gli impediscono di fare più di due passi. Al di fuori vede solo due lunghe file di gabbie piene di altri cani come lui con cui non può nemmeno scambiare un’annusatina. Resta lì dentro, giorno e notte, senza mai vedere luce, o sentire un odore, il calore di una carezza… nessun prato, nessuna pallina, nessuna coccola né un padrone buono o cattivo da amare. Mangia il cibo che gli viene portato, lo chiamano “istinto di sopravvivenza”. Peccato che nel caso del nostro cucciolo serva a poco: un giorno verrà prelevato, messo in un furgone e consegnato ad un laboratorio dove senza anestesia e senza antidolorifici verrà barbaramente torturato. I suoi occhi e la sua pelle saranno bruciati da composti chimici, nel suo corpo verranno iniettate sostanze che gli causeranno ogni sorta di dolore, bisturi – e non solo – lacereranno la sua soffice pelliccia e le sue carni. Tra una sofferenza e l’altra, l’agonia sarà protratta fino alla morte, che a quel punto sarà ormai diventata sua amica e alleata.
Prendete lo stesso cucciolo, moltiplicatelo per 2500. E’il numero di cani che Green Hill può contenere, e che negli scopi dell’azienda è destinato a raddoppiare: uno dei motivi per cui più che mai nel corso di questo autunno gli attivisti antispecisti cercano di far sentire ancor più forte la loro voce e di sensibilizzare gli italiani circa l’esistenza di un tale inferno. Che ha un suo perché, certo, ma non è esattamente quello che la maggior parte della gente crede… La facile retorica del “meglio salvare la vita di un bambino che quella di un cane” è solo un buon detergente di coscienze. Talmente ovvia che non serve nemmeno andare a leggere le quattro righe che ti spiegano perché qualcuno la pensa diversamente. La realtà è che dietro l’esistenza di un allevamento come quello di Green Hill c’è qualcosa di molto meno etico: il profitto. La Marshall Farm Inc, azienda americana da alcuni anni proprietaria di Green Hill, è la più grande “fabbrica” di cani da laboratorio esistente al mondo. Vendono i loro cani a prezzi che variano dalle 400 alle 900 euro in base all’età e alle caratteristiche; per una madre gravida il prezzo, ovviamente, lievita. Su richiesta, poi, offrono ai loro clienti anche “optional” di lusso, come ad esempio il taglio delle corde vocali (nel caso in cui le grida e il pianto degli animali disturbino la sensibilità dei ricercatori che dovranno squartarli).
Tornando al bambino malato, si potrà obbiettare che la sua vita vale ben il prezzo di tutti i cani che sono serviti per produrre il farmaco! Posto che tale presunto diritto dell’uomo di scegliere delle altre vite sia altamente discutibile (per molti inaccettabile), in realtà il test sugli animali non è una pratica scientificamente corretta. Come sempre più ricercatori sostengono, l’animale non può essere un modello utile per la sperimentazione di farmaci destinati all’uomo, perché troppo differente geneticamente. Tanto che un farmaco non può essere immesso sul mercato, indipendentemente dagli animali sacrificati in fase di ricerca, se non è stato prima testato su esseri umani. Le stesse ditte fornitrici creano animali da laboratorio geneticamente modificati col fine di renderli più “simili” all’uomo. La verità è che la sperimentazione sugli animali conviene, perché alle sue spalle esiste un mercato estesissimo, e perché funge da alibi alle case farmaceutiche quando qualcosa va storto. Le stesse industrie che testano sugli animali sono responsabili dell’immissione in commercio di prodotti inquinanti, della sperimentazione di farmaci sulle popolazioni africane (a loro insaputa), di morti e menomazioni causati consapevolmente per mezzo della distribuzione di medicinali con effetti collaterali disastrosi.
Ora la domanda è: si può credere davvero che ci sia un fine puramente etico e scientifico dietro alla sperimentazione sugli animali? Ma anche, si può credere davvero che le moderne tecnologie non siano in grado di ottenere gli stessi risultati senza testare sugli animali? E si può credere che, se mai si scoprisse un metodo pulito di sperimentazione, la Marshall Farm Inc. libererebbe con gioia i suoi cani e chiuderebbe i battenti con un sorriso?
Il nostro cucciolo, dopo tutte queste chiacchiere, sarà già morto. E i giochi, la pappa e la nanna tra le nostre braccia per lui saranno state solo un sogno lontano. Una vita che non ha avuto modo di trovare un senso, un essere nel cui destino era scritta solo una parola: sofferenza. Un’atrocità che la natura umana non dovrebbe nemmeno riuscire a concepire. Ognuna di queste vite perse è un delitto per cui l’uomo non merita perdono.
Quel cucciolo e gli altri 2500, 5000, 10000 cani di Green Hill erano e sono anche i nostri cani, quelli con cui ogni giorno condividiamo gioie e dolori, quelli che ci riempiono l’anima con uno sguardo, che ci fanno arrabbiare e ridere allo stesso tempo, quelli che amiamo e che vorremmo essere eternamente al nostro fianco. Ricordatevelo, la prossima volta che il vostro fedele amico vi guarderà negli occhi.
Informazioni utili
Green Hill 2001 si trova a Montichiari (BS) in Via San Zeno 6. L’indirizzo email dell’azienda è info@greenhill2001.com , i numeri di telefono sono 0309961244, 030962061 e 0309651902, il numero di fax è 0309659420. L’indirizzo email del sindaco di Montichiari Elena Zanola è sindaco@montichiari.it .Maggiori informazioni sul sito www.fermaregreenhill.net .
Tutti possiamo fare qualcosa,tutti possiamo dire la nostra!
*Sahar*
(Fonte: www.fermaregreenhill.net)